Genio è una parola abusata, ma se nella storia del gioco c'è un giocatore di poker al quale si potrebbe a buon diritto applicare questo termine, questo è Stu Ungar. Nel corso di una carriera da torneista relativamente breve, Ungar ha raccolto un incredibile record di successi. A braccetto con la sua straordinaria abilità nei giochi con le carte, andavano, tuttavia dei gravi problemi personali che lo portarono a una morte prematura nel 1998. La sua storia viene raccontata nel tanto atteso One of a Kind, scritto da Nolan Dalla e Peter Alson. Le basi di questa opera furono gettate con delle interviste di Dalla prima della tragica morte di Ungar. Pensato inizialmente come autobiografia, gli eventi hanno obbligato gli autori a rielaborare completamente questo libro. Dal momento che molte delle informazioni che avevano annotato venivano dallo stesso Ungar, nonché dai ricordi della sua famiglia e dei suoi amici più cari, One of a Kind presenta la storia da un'ottica personale che nessun'altra fonte potrà mai uguagliare. Gli autori ripercorrono la vita di Ungar dalla sua crescita a New York al suo arrivo a Las Vegas. Gli autori ci mettono a parte della sua superiorità nel gioco del Gin Rummy e della sua abilità, acquisita in breve tempo, nel gioco del poker. Attraverso gli episodi formativi della sua giovinezza impariamo molto su ciò che plasmò Stu Ungar. Attraverso queste pagine ci vengono narrati non soltanto i ben noti exploit dell’Ungar leggendario giocatore di carte e le sue stupidaggini da tossicodipendente dedito all'autodistruzione, ma conosciamo anche l’Ungar buon padre di famiglia. È un archetipo di molti dei migliori e peggiori aspetti della natura umana che cercano di coesistere in un concentrato di energia alto 169 cm.. Molte opere biografiche si trasformano presto in iperboli nel tentativo di rendere affascinanti i loro soggetti. Ho apprezzato davvero molto il fatto che a Dalla e Alson la storia messa a loro disposizione sia piaciuta abbastanza da rinunciare a simili eccessi. È del tutto evidente che il loro interesse è stato quello di rendere giustizia a tutti gli aspetti del personaggio di Ungar. Nel potere intrinseco della loro narrazione riponevano chiaramente una fiducia sufficiente a lasciare che gli eventi della vita di Ungar si illustrassero da soli; e questa fiducia è ben riposta. Che idea ci facciamo sul personaggio di Stu Ungar attraverso One of a Kind? Il libro fornisce un ampio quadro sia dei grandi successi del soggetto sia del rovinoso stile di vita che conduceva. Allo stesso tempo, penso però che nessuno abbia mai capito né ciò che lo rendeva un giocatore di carte tanto abile né ciò che gli impediva di rapportarsi in modo sano con ogni aspetto della vita. Per di più, credo che nemmeno lo stesso Ungar avrebbe mai potuto dirci molto al riguardo. Spetta al lettore riflettere su questo punto e credo che un qualunque tentativo fatto da parte degli autori per risolvere questo mistero sarebbe risultato maldestro. I giocatori di poker seri rimasti sbalorditi di fronte alla stupefacente bravura che mostrò al tavolo potrebbero rimanere delusi dal fatto che sugli exploit nel gioco fatti da Ungar si diano meno dettagli di quanto loro sperassero. Va ricordato, però, che la carriera pokeristica di Ungar si concluse anni prima che degli addetti annotassero regolarmente lo storico delle mani giocate al tavolo finale e che delle telecamerine puntate sulle carte dei giocatori ci portassero ad avere un elenco completo del gioco nei tornei di poker più di primo piano. Dalla e Alson hanno scelto di dare dettagli del genere soltanto laddove sono sicuri che essi possano dare sostanza agli eventi per come si sono svolti realmente. Di conseguenza, per quanto per degli studenti di poker seri questo libro possa difettare di strategia, possiamo almeno esseri sicuri del fatto che gli eventi per come sono stati trascritti qui sono davvero avvenuti. Ammiriamo Stuey o lo disprezziamo? Ne lodiamo l'abilità o ne deprechiamo il comportamento? Credo che la conclusione alla quale tutti devono pervenire sia che pressoché nessuna delle reazioni estreme verso quest’individuo siano giuste. Senza alcun dubbio, One of a Kind verrà considerato il racconto definitivo sulla figura più enigmatica del poker. Più che un libro sul poker è una rappresentazione, di una storia vera, della battaglia tra i migliori e i peggiori aspetti della natura umana. Ho trovato il libro una storia ben scritta su una personalità affascinante e lo raccomando caldamente. In sintesi: si potrebbe facilmente sostenere che Stu Ungar sia stata la personalità più enigmatica del pittoresco mondo dei personaggi legati al poker. Usando molte delle parole uscite dalla sua stessa bocca, Nolan Dalla e Peter Alson svolgono un degno lavoro nel rivelare nel loro libro, One of a Kind, la natura conflittuale di questo fenomeno tormentato. Mentre grazie a questo libro il lettore imparerà molto sulla vita di Ungar, gli autori fanno un buon lavoro nel rivelare tutti i lati della complessità del soggetto. Ho trovato il libro uno studio piacevole quanto affascinante di un genio tormentato e lo raccomando in quanto tale.
Recensione a cura di Nick Christenson
per www.lvrevealed.com
Quando si pone la domanda “Chi è il più grande di tutti tempi?”, spesso si apre un dibattito acceso. Che si tratti di baseball, football, scacchi o di qualsiasi altro argomento non importa. Sembra sempre che non si trovino due individui che la pensino allo stesso modo. Ma quando la stessa domanda si riferisce al miglior giocatore di no-limit di tutti tempi, ci sono pochi dubbi. Chiedete a un qualsiasi giocatore della comunità del poker è la risposta sarà quasi certamente: Stu Ungar. “One of a Kind: Ascesa e caduta di Stuey “The Kid” Ungar, il più grande giocatore di poker” è scritto da Nolan Dalla e Peter Alson. Pensato in origine come autobiografia, Ungar fece ricorso all'aiuto di Dalla, uno dei migliori autori di poker del tempo. Sfortunatamente, il libro venne accantonato fino a quando per aiutare Dalla a finire il lavoro non intervenne Peter Alson. Adesso, con un libro divenuto in parte autobiografia e in parte biografia, i due autori conducono il lettore in un viaggio sulle montagne russe della vita e dei tempi di Stu Ungar, un viaggio che si può fare soltanto in un modo: attraverso gli occhi di Ungar. Se avete sentito l'espressione “the Vegas lifestyle” e vi siete sempre chiesti cosa significhi, allora queste libro fa per voi. Il libro comincia in un modo inconsueto, concedendo a voi, i lettori, una visione fugace del finale. Ma poco dopo, gli autori vi trascinano in una strada lunga, tortuosa, piena di ogni dosso immaginabile; in uno stile di vita fatto di gioco pesante, droghe e donne. Il lettore viene proiettato in una vita (quella di Ungar) alla quale in pochi, se non nessuno, potrebbero sopravvivere. La storia inizia con l'infanzia di Ungar. Figlio di un allibratore di New York, Ungar aveva il gioco d'azzardo nel sangue. A otto anni si occupava della contabilità dell'attività del padre. Ci sono dubbi sul perché abbia scelto la sua carriera? In piena adolescenza la scuola non era più nei progetti di Ungar e lo si poteva vedere in ogni bisca clandestina di New York a ogni data ora del giorno. Mentre gran parte dei giovani cercano di racimolare il necessario per un appuntamento, il giovane Ungar giocava già migliaia di dollari al giorno; dollari che non sempre erano i suoi. Passati gli anni dell’adolescenza a contrarre e saldare debiti con degli allibratori di New York, alla tenera età di 21 Ungar si trasferì nella Città del Peccato: Las Vegas. Con gli occhi alle World Series of Poker, qui soltanto sarebbe nata la sua leggenda. Quando Ungar arriva a Las Vegas, le storie su questo sbarbatello, che era stato malridotto dal gin e dai tavoli di poker di New York, l'avevano già preceduto da anni. Nel 1980, Ungar partecipò alle sue prime vere World Series of Poker. Battendo in heads-up il leggendario Doyle Brunson, Ungar conquistò il suo primo braccialetto di campione del mondo. Non sarebbe stato l'ultimo. Ungar, adesso finanziariamente tranquillo per la prima volta nella sua vita, si diede a delle spese pazze che tutti noi possiamo soltanto sognarci. Gli autori trasportano il lettore più nel profondo della vita del giovane Stuey, una vita che gli avrebbe dato una figlia, Stephanie. Era Stephanie l'unica speranza di tenere pulito Ungar, ma le sue dipendenze erano forse così forti che nemmeno lei poteva porvi freno. Ovviamente, siete drawing dead, se pensate che svelerò il finale. Ma vi lascerò con quanto segue: con delle descrizioni vivide che potrebbero competere con qualsiasi immagine, One of a Kind è veramente one of a kind, unico.
Recensione a cura di ClearSpine
per www.Pokerworks.com